INTRODUZIONE
Il clavicembalo è uno strumento piuttosto complesso, è formato da una miriade di pezzi e pezzettini, a volte minuscoli, di legni di varie specie: risulta ovvio il presentarsi, ogni tanto, di qualche fastidio o piccole sregolatezze a cui porre rimedio. Di seguito verranno descritti alcuni sistemi per far fronte a piccoli guai, o semplicemente eseguire una discreta messa a punto, o personalizzazione, dello strumento. E’ pacifico, in ogni caso, contattare il costruttore, soprattutto se non si è sicuri di ciò che si fa.
LA COLLOCAZIONE
Come si è detto prima, un cembalo è fatto praticamente tutto di legno, la meccanica (tastiera, salterelli, registri, ecc.) è composta da pezzi piccoli e piccolissimi che interagiscono tra di loro con tolleranze minime e, essendo il legno un materiale “vivo” che risente delle condizioni climatiche (anche se estremamente stagionato), occorre che l’ambiente in cui è tenuto lo strumento sia il più stabile possibile. Per garantire il funzionamento delle parti meccaniche negli usi più disparati: in casa d’estate e d’inverno, in concerto in chiesa o all’aperto ecc., ci si rende conto che lo strumento deve reggere più l’umido che il secco. Una umidità tra il 50/60 % è l’ideale. Troppo secco, diciamo sotto il 45 %, può provocare danni permanenti, tipo crepe sulla tavola armonica o nel fondo. Troppo umido, al contrario, provoca deformazioni e ingrossamenti del legno destinati però a ritornare alla forma iniziale col ripristinarsi del giusto grado di umidità. Da tutto ciò emerge che occorre fare moltissima attenzione a non tenere, anche per periodi brevi tipo qualche giorno, lo strumento al troppo secco. La temperatura non è molto importante, basta non superare i 30/35° e fare attenzione a non tenere lo strumento vicino a fonti di calore, come termosifoni, stufe, finestre troppo soleggiate, ecc.. Attenzione però, le corde, essendo di metallo, risentono di un ritiro dovuto al freddo perciò, se lo strumento viene accordato al caldo e trasportato al freddo, si ottiene di un aumento sensibile del diapason che può anche portare alla rottura di alcune corde. Raccomandabile vivamente l’acquisto di un igrotermometro per tenere sotto controllo la situazione.
IL TRASPORTO
Un clavicembalo è più robusto di quel che sembra, quando lo si sposta, in casa come in macchina per centinaia di chilometri, occorre sì fare attenzione, ma senza farsi venire troppe ansie. Per il trasporto fuori casa la cosa migliore sarebbe disporre di una apposita custodia imbottita che, oltre a proteggere dagli urti e facilitare la presa tramite le maniglie, permette di mantenere abbastanza stabili le condizioni climatiche, ammortizzando eventuali sbalzi di temperatura e umidità. In genere le custodie hanno un difetto: sono nere o quantomeno scure. Al sole, specie d’estate, diventano dei veri e propri forni, ed è meglio non pensare a quello che potrebbe accadere al povero strumento. Attenzione perciò a dove si parcheggia l’auto: le conseguenze di un posto al sole sarebbero tragiche. Anche mentre si viaggia il sole picchia, si può comunque limitare l’eccessivo riscaldamento della custodia ponendoci sopra un lenzuolo bianco. Se non si dispone della custodia ci si arrangerà, ovviamente, con teli e coperte. Dato che la coda del cembalo è a sinistra, come il posto di guida, se lo strumento è lungo e la macchina piccola, possono nascere difficoltà. In questo caso lo strumento può essere posizionato su un fianco o, con molta cautela ed evitando strattoni, addirittura capovolto, badando a tenere ben chiuso il coperchio. Un classico è appoggiare la coda del cembalo tra i due sedili anteriori, all'insù, come se puntasse lo specchietto retrovisore. E' meno fastidioso di quanto si pensi.
L’ACCORDATURA
Per accordare occorre un po’ d’orecchio e soprattutto un po’ d’esperienza, e questo è a carico del cembalista. Occorre però tenere ben presente alcune cose: il costruttore (magari d’accordo col committente) decide un diapason dello strumento, il famoso LA 440 o 415 Hz o altro che, all’atto costruttivo, comporta lo studiare la giusta tensione alle corde proporzionando la cassa e la tavola armonica, nonché il timbro risultante. Alterare questa tensione significa andare incontro a guai, come la rottura delle corde o, peggio, della cassa. Ciò non significa il dover essere troppo ligi, piccole variazioni, per esempio da 440 a 442, sono consentite senza problemi. Con la chiave occorre procedere in maniera micrometrica, dando piccoli colpetti a girare, con rilassatezza, la fretta causerebbe un’accordatura pessima. Per ottenere una migliore tenuta d’accordatura la caviglia va girata a tirare (generalmente in senso orario), se la nota è troppo alta occorre scendere sotto e risalire.
SOSTITUZIONE DELLE CORDE
Le corde si possono richiedere al costruttore complete di cappio. Se questo non c’è va fatto: meglio è eseguito e più terrà l’accordatura. Ci si munisce di un gancio, tipo un “amo” fatto con filo di ferro o un chiodo, del diametro un poco superiore a quello delle punte d’attacco. Col gancio si prende la corda a circa 7/8 cm dall’estremità e la si piega fino a formare una sorta di “U” molto stretta, a questo punto si prendono le due parti con le dita e, con l’altra mano, si comincia a ruotare l’uncino avvitando i due fili uno intorno all’altro. Si crea una spirale di circa 2,5/3 cm, anche di più se si ha qualche dubbio. Gli ultimi giri devono essere un po’ più fitti, per migliorare l’attrito del metallo, dopodiché si taglia la corda in eccesso. I salterelli interessati vanno tolti, a scanso di danni. Si attacca la corda alla sua punta d’attacco, la si fa passare sulle punte dei ponticelli, la si avvita (nel senso giusto) attorno alla caviglia, meglio se è stata tolta, la si ripianta nel foro con un piccolo martello e, a questo punto, si accorda un semitono sotto, per stirare il metallo, un’oretta dopo si tende alla nota giusta. Fare molta attenzione a non fare pieghe e angoli alla corda, non garantirebbe il giusto sviluppo di armonici. Consigliabile, la prima volta, esercitarsi a fare il cappio su qualche spezzone.
LE PENNE
Sono di fondamentale importanza: una penna intonata male, o fuoriposto, causerebbe un suono brutto e disomogeneo. Qui si parlerà solo della sostituzione di una singola penna, non di un registro intero, che è molto più complicato. Il materiale moderno normalmente utilizzato per i plettri è il delrin, materiale plastico che riproduce ottimamente le penne naturali ed è molto meno oneroso nella manutenzione. La penna danneggiata va sfilata dalla linguetta sempre da dietro, MAI davanti, altrimenti si allargherebbe il foro d’incastro. A questo scopo sono utili delle piccole pinze da elettronica, a becche lunghe e dritte, sottili e lisce, con le quali si può afferrare la penna e sfilarla, tenendo ferma la linguetta con le dita dell’altra mano. Dopodiché si inserisce la nuova penna, già un po’ sbozzata, e la si spinge con l’unghia del pollice, mentre indice e medio tengono la linguetta, che non va forzata, un po’ come una siringa. Si inserisce il salterello nel registro e si controlla la lunghezza della penna rispetto alle altre vicine. Una volta che il plettro è lungo a sufficienza va intonato lavorandolo ai lati e sulla faccia inferiore, tassativamente MAI di sopra. A questo scopo è ottimo un bisturi con la lama triangolare intercambiabile, lo si trova in tutte le cartolerie. Occorre tagliuzzare il delrin asportando pochissimo materiale alla volta, badando anche a non fare “bave” sulla punta, potrebbero intralciare il ritorno della linguetta sotto la corda. Lavorando ai lati si ottengono soprattutto variazioni di timbro, lavorando sul sotto cambia l’intensità.
LO SMORZO
Se il plettro è importante, lo è anche lo smorzo: occorre perciò dedicarvi molta attenzione. Lo smorzo è costituito, in genere, da un ottimo feltro, detto anche casimir, a tripla tessitura, per renderlo più robusto. Esso è incastrato, e NON incollato, nell’apposita fessura accanto alla linguetta. Può avvenire che, con l’uso, un urto o usura, lo smorzo si sposti all’insù, con conseguente permanenza della nota in questione. Per rimediare, semplicemente lo si sposta nella posizione corretta avendo cura che, traguardando di profilo penna e smorzo, lo spazio tra i due sia di circa un millimetro per i medi e acuti, e uno e mezzo per i bassi; occorre che ci sia un minimo di gioco per migliorare sia il tocco (una risposta troppo immediata dà fastidio) che il rientro della penna sotto la corda (migliora la velocità nel trillo). Quando lo strumento è nuovo lo smorzo è intatto, con l’uso si forma una tacca in corrispondenza del contatto con la corda, ciò migliorerà l’effetto smorzante, ma può rendersi necessario spostare un po’ il feltro in basso. Se, nonostante lo smorzo sia buono e nella giusta posizione, questo non ferma la corda, si è verificato un piccolo movimento della tavola armonica o della cassa, vedi il capitolo successivo.
IL PILOTA
Nel piede del salterello è inserita una vite di regolazione: il pilota. In uno strumento si forma un equilibrio di forze tra le corde e la tavola armonica: le prime premono in basso e la seconda in alto; ovvio che un cembalo, quando è nuovo, ha bisogno di un po’ di tempo per assestarsi; anche dopo un po’ possono influire variazioni di umidità e temperatura, ma in misura limitata rispetto ai primi tempi. Questo può comportare una piccola modifica nell’altezza delle corde, generalmente in basso, che altera la posizione di penna-smorzo, che risulterà troppo alta. Si rimedia col pilota, avvitandolo fino ad arrivare all’altezza giusta. In uno strumento a due o più registri, il pilota agevola di molto la regolazione di tempo di pizzico tra principale e secondario: in genere prima pizzica il primo poi il secondo, per diminuire la resistenza al tocco. Comunque, prima di agire sul pilota, accertarsi che il salterello scorra bene nel registro, il tasto si appoggi correttamente sul fondo e che non ci siano corpi estranei in giro.
LA MOLLA
Abbiamo già notato che, in un cembalo, non c’è nulla di secondaria importanza. E’ questo il caso della molla: se funziona male non si suona! Ce ne sono di diversi tipi: setole di maiale, filo o lamina metallica, filo di nylon. Le prime si usavano anticamente, ma oggi no e non ne parleremo. Il filo metallico, o lamina, in genere d’ottone, è il tipo di molla che si regola o si sostituisce più facilmente, il filo di nylon è più noioso. Il metallo è soggetto ad ossidazione, a creare usura, inoltre è un po’ troppo potente come molla. Il nylon è più dolce e leggero, ma è molto più delicato da manipolare; fondamentalmente, è una lenza da pesca, del diametro di circa mezzo millimetro. In sostanza la molla fa sì che la linguetta torni al suo posto dopo che la penna è ripassata sotto la corda, quando si rilascia il tasto, se invece non torna, ma sta in posizione “aperta”, possono essere successe tre cose: la più semplice (e la più improbabile) è che sia finito qualcosa tra la linguetta e il salterello, tipo un capello o polvere, basta toglierlo per rimediare. Una seconda cosa che può succedere è che con l’umido il legno si gonfi, la linguetta stringe il suo perno, l’attrito aumenta, il tutto si blocca; la soluzione è: MOLTO delicatamente sfilare il perno dal salterello, togliere la linguetta e cercare di allargarne di poco il foro, avendo cura di provare lo scorrimento del perno di continuo, rimettere la linguetta, inserire con estrema cura il perno (attenzione a non rovinare il bordo del foro sforzando troppo), riposizionare la molla e provare il tutto: se si allontana un po’ la molla la linguetta deve ricadere indietro. Se tutto funziona, tranne la molla, questa è troppo debole e va caricata. Per il metallo è facile: con un paio di pinzette da toilette lo si piega finchè non ce la fa a riportare in posizione la linguetta; attenzione a non caricare troppo la molla, altrimenti il salterello rimane appeso sulla corda. Il nylon, molto diffuso, è più difficile, occorre stirare il filo per ottenere un piccolo arco, un po’ quel che si fa per arricciare i nastri sui pacchi da regalo. E’ meglio procurarsi un po’ di lenza da 0,55 mm ed esercitarsi a fare piccoli archi lunghi circa un cm, usando le solite pinzette da toilette. Quando ci si è impratichiti della tecnica possiamo provare a caricare la nostra molla, con molta attenzione(come sempre). Dato che questo filo è semplicemente incastrato in un foro a “V”, non bisogna tirare troppo, pena l’estrazione della molla, che va rimessa e non è facile; in questo caso si deve fare la punta al filo nuovo, semplicemente tagliandolo di sbieco, si agevola l’introduzione del filo nei fori, che sono piuttosto precisi, dopodiché si incurva la molla alla forza dovuta e si tagliano le parti in eccesso. Comunque c’è una soluzione semplicissima: se non ce la sentiamo di fare questo lavoro, non facile, e dato che il salterello è di dimensioni contenute, lo si spedisce al costruttore in una busta imbottita, lo si riavrà in tempi brevi senza preoccupazioni.
IL CORPO DEL SALTERELLO
Può accadere che il corpo del salterello, benché di legno scelto e stagionato, si incurvi, anche in misura estremamente limitata. Il risultato è che non scorrerà più bene nel registro. Un salterello ha fondamentalmente due giochi: uno parallelo alle corde, più marcato, l’altro perpendicolare, più preciso. In genere il problema è in quest’ultimo caso, occorre però controllare bene per esserne certi, togliendo la barra ed osservare i movimenti del salterello in questione, provando a premere il tasto e a prendere il salterello con le dita, cercando di “sentire” dove è l’attrito. Individuato il punto, il rimedio è tanto semplice quanto drastico: con la cartavetra. Va usata una grana fine, tipo 320, ed agire con estrema cautela, carteggiando poco alla volta, anche sugli spigoli, e provare spesso lo scorrimento, che non deve presentare attriti di nessun genere: è meglio un salterello che “ciottola” al posto di uno troppo preciso.
LA TASTIERA
In un cembalo la tastiera ha particolare importanza, deve essere ben fatta, equilibrata e ben regolata. Come ogni parte meccanica, però, è soggetta a piccoli intoppi. Quello classico, dovuto come al solito all’umidità, è l’aumento di attrito tra il perno di centro e il relativo foro nel tasto, oppure la lametta di legno, ferro o plastica, posta in cima al tasto in corrispondenza dell’apposita fessura nella guida dei tasti (fimbria). Spesso il fastidio lo si può risolvere facendo un po’ di “fisioterapia” al tasto: si prende questo, dalla parte delle copertine e dopo aver tolto il frontale, e lo si torce (delicatamente ma con decisione) un po’ in tutti i sensi alzandolo e abbassandolo, lo scopo è di allargare il foro e la fessura nella fimbria, si parla dell’ordine di uno o due decimi di millimetro. Se non è abbastanza ci si può aiutare con una limetta fine a “coda di topo” per allargare la parte superiore del foro di centro; se il problema è la punta, si elimineranno gli attriti con cartavetra fine (es 340). Questi problemi, in genere, si risolvono velocemente senza eccessive tribolazioni ma, se non si riesce ad eliminare il problema ai primi tentativi non bisogna insistere, si rischia di causare guai seri, a questo punto occorre contattare il costruttore.
A questo punto possiamo riassumere il tutto con qualche regola:
Tenere il cembalo in un posto adatto, evitare tassativamente il troppo secco (peggio!) ed il troppo umido.
Tenere controllato l’ambiente con un igrotermometro.
Durante il trasporto evitare colpi secchi.
Durante qualsiasi lavoro agire sempre con rilassatezza e decisione: tenere sempre sotto controllo quel che si fa.
Non forzare mai una parte meccanica: eventuali attriti sono dovuti all’umidità troppo elevata: il problema si risolverà da sé con l’abbassarsi dell’umido.
Quando si cambia una corda evitare assolutamente di fare pieghe strette o angoli alla stessa.
Quando si accorda non superare mai il diapason dello strumento, eventualmente contattare il costruttore.